
Ad te levávi ánimam meam del 29-11-2020. Don Giorgio Lenzi
di redazione
Domenica 29-11-2020, presso la Chiesa di San Cristoforo (Via D’Argillano n.21 – 63100 AP), il nostro Coetus Fidelium Beato Marco da Montegallo è stato ospitato dalla Confraternita della Buona Morte del Priore Giancarlo Tosti, per celebrare il rito romano straordinario nella forma cantata, con don Giorgio Lenzi, presbitero dell’Istituto Buon Pastore e Procuratore Generale per lo stesso con la Santa Sede.



Hanno partecipato alla Santa Messa come servizio all’altare il cerimoniere Lodovico Valentini, il chierichetto Giuseppe Baiocchi e il turiferario Alessandro Grilli. All’organo Francesco Angelini e al canto gregoriano Giuseppe Spinozzi.
Dall’omelia di don Giorgio Lenzi, abbiamo capito come siamo all’inizio del nuovo ciclo liturgico dell’Avvento. Santa Romana Chiesa ci fa rivivere i misteri della liturgia nella Redenzione, affinché gli affanni e le preoccupazioni della vita che l’uomo vive nel quotidiano, possano mantenere la mente verso le realtà eterne del cielo.



L’Avvento si pone come contraltare alla Santa Quaresima: sono i due tempi di preparazione penitenziale, anticamere di due grandi solennità, fondati sui più grandi misteri della nostra fede, ovvero l’Unità e la Trinità di Dio e l’incarnazione nella resurrezione di Nostro Signore.
Dunque la preparazione del Natale e della Pasqua ci preparano al secondo di questi misteri. L’avvento ci prepara all’Incarnazione, la Quaresima alla passione e morte di Nostro Signore Gesù Cristo: elemento riparatorio per il peccato originale di Adamo al quale sono succeduti gli innumerevoli peccati che l’uomo è stato capace di compiere. La Natura dunque si ribella al suo Creatore compiendo il male e seminando dolore e morte. Per questo è importante in questo periodo una penitenza “gioiosa”, poiché questa si fonda non sull’errore del peccato, ma si contempla la gioia e la sicurezza nella salvezza: sappiamo che il Figlio di Dio si fa uomo – continuamente attraverso la grazia – per la salvezza di ciascuno di noi.


Allora i simboli della liturgia sono chiari: i paramenti sono violacei, si omette il gloria, anche se la domenica si mantiene l’Alleluia, proprio per manifestare questa gioia in cui rimane sempre una nota di giubilo. La Santa Messa termina con il “benedicamus Domino” proprio perché questa celebrazione continua per tutta la nostra giornata e in tutta la nostra vita.
La finalità di questo periodo è l’attesa “cieli piovete dall’alto e le nubi facciano discendere il giusto”, che il cielo chiuso dal peccato originale, si apra per inviarci la salvezza “il Verbo di Dio si farà carne e abiterà in mezzo a noi”. L’epistola ci invita ad allontanarci dai vizi, ci invita a renderci conto del gran dono che Dio intende fare all’umanità e quale è questo suo dono? Il più prezioso, ovvero suo Figlio: la seconda persona della Santissima Trinità.



Lo stesso Gesù Cristo che noi rifiutiamo continuamente nel peccato, che noi rifiutiamo abbassandolo alle esigenze del mondo – crisi della fede di oggi -, quasi che debba essa per prima piegarsi alle idee del mondo. Ebbene contemplare la salvezza, ci aiuta a capire che la fede non può essere asservita, ma essa deve regnare su gli altri contesti. Dunque anziché lamentarci, urlare contro il mondo, bisognerebbe iniziare a vivere bene, a dare l’esempio: sobri, pii, in preghiera – secondo i consigli dell’Apostolo Paolo -, per ricevere degnamente il vero e unico Messia che è già venuto per salvarci. Non aspettiamo nessun altro, poiché la salvezza è già avvenuta ed è per questo motivo che il Natale assume questa importanza fondamentale. Quest’anno più di altri anni e di altre epoche, abbiamo bisogno che il Signore venga. Tre sono le venute del Signore che invochiamo: la sua venuta storica, che rende il Natale celebrazione solennissima, di quel cammino che segna l’inizio della nostra salvezza; la sua venuta spirituale attraverso la santa liturgia, la quale non è nostalgico ricordo di un passato lontano, ma diviene – attraverso la sua trasmissione generazionale – elemento del presente, che ci conduce verso il futuro sperato, dove questa venuta presente avviene sugli Altari e si conserva nei tabernacoli, dove è custodito Dio vivo e vero, in anima, corpo e divinità pronto a visitare le nostre anime; infine l’annuncio della Sua venuta, annunciata dai profeti, dove questo tempo liturgico di oggi ci prepara a quell’ultima venuta del Cristo Giudice che è fine di tutto, ma è anche inizio di una eternità, quel momento che sarà preambolo dell’eternità beata, per coloro che ne sono degni, e della dannazione eterna per coloro che si sono allontanati dalla retta via.

Dice Gesù nel Vangelo di oggi “il cielo e la terra passeranno, la parola di Dio non passerà mai”: anche in mezzo agli sconforti di questi tempi, in mezzo agli scandali, in mezzo ad una società che sembra non avere più la fede, sappiamo che Dio non abbandona mai la Chiesa, che Dio non abbandona mai i suoi figli, non abbandona mai i battezzati.

© Coetus Fidelium Beato Marco da Montegallo – Riproduzione riservata