Nel «mondo di ieri», dopo aver ricevuto una “grazia”, era uso e costume chiedere al miglior artigiano della città di costruire un oggetto da offrire ad un Santo, per la grazia ricevuta. Tale manufatto prendeva il nome di «ex voto» e doveva possedere caratteristiche di rilievo sotto il punto di vista estetico, poiché rappresentava un gesto pubblico o privato nei confronti di un Santo cattolico, che, essendo stato pregato o evocato, aveva interceduto presso il comune mortale, salvandolo da morte certa.
Inizialmente vi furono originali pitture su tavoletta, dove si narrava in formato figurativo l’evento miracoloso: colori accesi per raffigurare il vissuto con una tecnica vicina alla pittura naïf. Numerosi i calchi in cera con raffigurazioni di gambe, braccia e piedi; fino ad arrivare ai sacri cuori in argento o semplicemente di latta.

Ex-voto Sacro Cuore (particolare) in cesellatura barocca di grandezza 50cm, Napoli.
Tali manifatture collocati sia in santuari o recentemente in veri e propri musei, porta l’osservatore ad intraprendere un percorso umano pieno di pietas, dolente e festante, la quale stimola riflessione. Difatti il devoto raffigurato può assumere, nei confronti della entità trascendente a cui si è rivolto nel momento di angoscia causatagli da malattia, una raffigurazione di avversità, pericolo, infortuni, calamità. Semplicemente gli «ex voto» sono un pegno di fiducia nell’intercessione dell’ente ultraterreno che si è invocato e testimoniano il beneficio ricevuto, il quale viene dimostrato pubblicamente come segno visibile della presenza sia dell’offerente beneficato sia del protettore intercedente.
E, indipendentemente dal motivo determinante, sono una prova tangibile di fede, quella che ha spinto il credente a «fare il voto», cioè a manifestare una promessa per ottenere un aiuto o a renderne grazie per averlo ricevuto, promessa che si attua in una forma concreta rappresentata da un proprio ritratto, da riproduzioni di parti anatomiche, da oggetti di varia natura, da tavolette figurate.
Inizialmente si fece uso del ritratto in cera, in legno, in tela, in gesso o addirittura su carta, ma nel tempo prese piede l’immagine fotografica e l’offerta degli oggetti di vario genere, come quella dei quadretti dipinti: mantenuta inalterata fino ai nostri giorni. Proprio quest’ultima tecnica tipologica si è ancor più diversificata, passando dal semplice dono di riproduzioni in cera, argilla, metallo di parti anatomiche – come occhi, mani, braccia, mammelle, piedi, gambe, seni -, avente forte legame figurativo con l’apparato fisico malato da guarire o già sanato; a quello più elaborato, di vere e proprie tavolette dipinte, litografate, ricolme di immagini e segni simbolici atti a illustrare l’evento drammatico che l’offerente ha vissuto e nella cui positiva risoluzione ha creduto di ravvisare un intervento soprannaturale soccorritore.

Sulla sinistra: tavoletta ex-voto ad olio, raffigurante una grazia per una famiglia aristocratica. Sulla destra, tavoletta ex voto proveniente dal Santuario di Madonna dell’Arco: “racconto” di un incidente avvenuto nei campi e diviso in due parti: un uomo colpito da un ramo e poi disteso sul letto con accanto un sacerdote, mentre i familiari invocano la grazia della Vergine;
La terminologia “ex voto” che introduce questi oggetti sacri nel linguaggio odierno è ormai da tempo accolto senza modifica dall’originale in lingua latino: «ex voto suscepto», cioè «per promessa fatta», ovvero «conforme alla promessa», sottintendendo, nella nostra cultura cristiano-cattolica, «a Dio, alla Madonna o ad un Santo». Il riferimento implicito è riferito sia ad un aiuto concesso sia ad un soccorso atteso. Esso indica un qualsiasi oggetto idoneo a testimoniare la riconoscenza del donante per la favorevole mediazione ottenuta o aspettata dall’uomo che ha supplicato nelle sue contingenti difficoltà e, pertanto, sta a designare, nella sua consistenza materiale, un’attestazione adatta a rendere pubblica la sua gratitudine o la fiducia verso chi si è rivolto.
Dunque l’ex voto è de facto un «documento» di momenti delicati o critici dell’esistenza umana: un pericolo scampato, una guarigione conseguita, una calamità naturale evitata e una prova superata.
Sotto il profilo antropologico, gli ex-voto attestano usanze storiche vernacolari e singolari di forte valore sociale e parallelamente dimostrano grande rilievo artistico-manifatturiero, presente specialmente in quelli pittorici i quali sono meglio adatti ad offrirci ben distinguibili gli aspetti e le forme della vita quotidiana di un gruppo sociale, rappresentato nella sua articolazione di classe popolare, borghese o aristocratica. Le diffuse e caratteristiche tavolette dipinte ci svelano i ceti sociali di ogni usanza e credenza: le particolari fogge di vestiario, gli ambienti abitativi rustici e urbani di riferimento, gli strumenti di lavoro usati nei vari mestieri e nelle diverse professioni, i sistemi di lavoro agricoli e pastorali, le abitudini alimentari e le ritualità gastronomiche, le cure mediche adottate, le cornici sfarzose o spoglie caratterizzanti le cerimonie liturgiche e laiche. Gli ex-voto fanno anche conoscere i mezzi di locomozione e trasporto adoperati, che coi loro dettagli rivelano con chiarezza i segni del progresso, spaziando dai modesti carri e calessi alle eleganti carrozze e diligenze, dal lento velocipede alla rombante motocicletta e alla veloce automobile, dalla modesta imbarcazione al gigantesco piroscafo, dal lento asinello al celere treno, dalla vagabonda mongolfiera al più governabile aereo.
Sotto il profilo teologico invece, le Sacre Scritture ci confermano che l’ex-voto non è una peculiarità devozionale esclusiva del cristianesimo, poiché era ben chiaro ai Greci, che chiamavano ikesìa il dono fatto per chiedere una grazia e soterìa quello per grazia ricevuta, e successivamente i Romani, distinguevano con la sigla VFLM, cioè Votum Feci Libens Merito, il dono fatto per chiedere una grazia, e con la sigla VFGA, ovvero Votum Feci Gratiam Accepi, quello per una grazia ricevuta. Quest’ultimo ovvero «Votum Feci, Gratiam Recepi», traducibile in «Ho fatto il voto, ho ricevuto la grazia» e riassumibili in «Voto fatto, grazia ricevuta», locuzione spesso abbreviata nelle formule «GR» (Grazia Ricevuta), «PGR» (Per Grazia Ricevuta), «PGF» (per Grazia Fatta) presenti su tanti doni votivi e riscontrabili anche negli ex-voto polimaterici, prodotti cioè con materiali insoliti e tecniche atipiche, come quelli eseguiti con carta ritagliata, quelli consistenti in collages fotografici, quelli fatti in tessuto adorno di ricami, trine, paillettes, filigrane, tutti per lo più così delicati da richiedere di essere conservati in astucci, bacheche, teche, scarabattole o ritenuti così gradevoli da meritare l’esposizione in adeguate cornici.

Essendo un sentimento religioso, l’ex-voto offerto è una vera e propria preghiera di deferente venerazione basata sul bisogno di offrire a Dio, alla Madonna, a un Santo un dono equivalente ad una preghiera concretizzatasi in un manufatto.
Sicuramente più nota è la continuità degli ex-voto in matrice cristiano-cattolica dove la sua tipologia è rimasta molto variegata, passando dalla forma più semplice e diffusa degli ex voto denominati «anatomici», costituiti dalla riproduzione nel più idoneo materiale delle parti del corpo poste sotto la protezione della Madonna o del Santo o da essi guarite, a quella degli ex-voto «oggettuali», formati appunto dagli oggetti più vari, connessi ad eventi di vario genere, per giungere a quella più comune, ma complessa, elaborata e ricca di interessi storici, iconografici ed espressivi come le tavolette o le tele dipinte, ritenute molto idonee a illustrare la situazione d’ansia o drammaticità vissuta dall’offerente e nella quale la mediazione soprannaturale si è resa manifesta.
Con la riforma liturgica avvenuta durante il Concilio Vaticano II (1962-65), gli ex-voto hanno iniziato un lento declino che ha portato questi oggetti sacri, di cui è vietata la vendita a livello dottrinale, alla loro dismissione dalle Chiese e dai santuari. Finiti ben presto in un modesto e triste mercato nero degli oggetti liturgici, insieme a candelieri barocchi e carteglorie, oggi tristemente sembra non essere più un’ex pratica. Difatti spesso è diventato distintivo del culto oggi più diffuso: quello della personalizzazione, ancor prima che della persona. Non più circoscritto in un riconosciuto luogo di fede, ma mobile: l’ex-voto si tatua sulla pelle, si stampa sulle magliette, diventa screenshot, meglio ancora se su un dispositivo “touch”, perché una “toccatina”, «porta sempre bene». L’errore dunque della contemporaneità è lo scambio di questo importante pezzo antropologico europeo, come «portafortuna»: è tutto l’esatto contrario. Difatti l’ex-voto ha valore solo ed unicamente quando un miracolo avviene realmente e il beneficiario, che ha invocato un Santo, ha salva la vita e vuole dimostrare riconoscenza terrena verso l’entità ultraterrena. Serve all’uomo per ricordare la forza della fede agli uomini che possano aver smarrito quest’ultima.
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