
Inclína Dómine del 05-09-2021
di redazione
Domenica 05-09-2021, presso la Chiesa di San Cristoforo (Via D’Argillano n.21 – 63100 AP), il nostro Coetus Fidelium Beato Marco da Montegallo è stato ospitato dalla Confraternita della Buona Morte del Priore Giancarlo Tosti, per celebrare il rito romano antico nella forma cantata, con il nostro regolatore Don Giorgio Lenzi (IBP) sacerdote dell’Istituto Buon Pastore e Procuratore Generale per lo stesso con la Santa Sede.



Al canto gregoriano ritroviamo il Maestro Edoardo Belvederesi e all’organo Luca Migliorelli, al servizio Giuseppe Baiocchi (cerimoniere), Maurizio Seghetti (chierichetto) e Daniele Paolanti (turiferario).
Durante l’omelia, don Lenzi (IBP) ci ricorda come nei Vangeli di queste domeniche, sono spesso narrati i miracoli che nostro Signore ha compiuto nelle sue peregrinazioni in Terra Santa durante le sue predicazioni. Dunque il figlio di Dio, si è fatto uomo per la salvezza di tutti, guarendo lebbrosi e infermi al suo passaggio. In altri tratti del Santo Vangelo ci sono persone in necessità che, per ottenere la grazia, devono riconoscere che Gesù Cristo è figlio di Dio, implorarlo e quindi il Signore, mosso da compassione, si reca da quegli individui e compie i propri miracoli.



Ricordiamo, ad esempio, il figlio del centurione, in cui il Signore grandemente commosso dall’umiltà di questo uomo potente che implora il miracolo per la guarigione del figlio, che è moribondo. Dunque il Cristo accoglie in questi accadimenti, l’atto di Fede ed opera prodigi.
Nel racconto del Vangelo odierno, di contro, la situazione è atipica: l’amabile Signore viene Egli stesso, verso chi ha necessità: lo fa di sua volontà, poiché non vi è supplica. Non c’è nessuno che arriva a lui per chiedergli una grazia. Egli non si manifesterà in tutta la sua potenza in un solo colpo, ma con grande umiltà, lo farà progressivamente, in maniera propedeutica, in maniera didascalica, attento a tutti gli aspetti della nostra psicologia umana. Così ritrovandosi all’interno di un corteo funebre, in lutto per la morte di un giovanissimo (il figlio unico di una madre vedova), che – nella società dell’antichità, significava davvero una grande catastrofe sociale sulla singola famiglia. Il Cristo, in presenza della donna (che aveva già perduto il pilastro della famiglia, con la scomparsa prematura del marito) scruta il suo cuore, vede i suoi pensieri e sa che questa donna ha perso tutto.



Nel piano salvifico di Dio, questo è il momento in cui il Cristo deve rivelarsi in un certo modo, con un’estrema opera di compassione e di misericordia. Il suo cuore si abbassa allo stesso livello di quello della persona che soffre, ed è così che in tale passaggio evangelico, il Signore ci insegna a consolare coloro che sono nel dolore e nella disperazione, affinché vi sia sempre la speranza per una beatitudine eterna. Oltre alla mera consolazione, il Cristo vuole manifestare di per sé la propria onnipotenza: Egli è Signore di tutte le cose, Signore del Creato, Maestro della Vita e della Morte, Padrone della Natura in tutte le sue forme e in tutti i suoi aspetti.



Dunque come avviene il miracolo odierno? Con la mano del Cristo che tocca con le sue sacre carni, la bara di questo fanciullo morto imponendo la sua suprema volontà, affinché giovanissimo, risorga! Compiendo questa resurrezione nel bel mezzo di questo corteo funebre, ci dimostra fin da ora, quanto possa essere forte la sua opera di redenzione, che porterà il sigillo finale con la sua resurrezione, ci manifesta come la possibilità della resurrezione del Figlio di Dio fattosi uomo (homo-homini-Deus), porti anche la possibilità concreta della resurrezione di ogni battezzato alla fine dei tempi, il giorno del Giudizio Universale – elemento che noi professiamo nel Credo ogni volta che noi lo recitiamo o lo cantiamo. Possiamo anche vedere, in questo miracolo, come il sacratissimo corpo di Gesù è potentissimo: un corpo di uomo unito alla divinità glorificata e reso potente da questa unione indissolubile con Dio. Per questo il corpo di Nostro Signore è il corpo più adorabile sulla terra: per questo le reliquie della passione, che sono entrate in contatto con il sangue e con la carne di Cristo, sono reliquie che non si venerano, ma adorano, poiché entrate in contatto con la divinità stessa.




La sua è parola umana, ma anche parola divina che ordina “fanciullo alzati”: ordina la resurrezione e questa imposizione ipostatica, di umanità e di vita, supera la materia, supera la natura, supera le leggi ordinarie e fa risorgere i corpi se lui lo vuole, ma elemento ancora più importante sono quelle sacre carni, quella sacra parola di Dio, che oltre a far risorgere i corpi, fa risorgere anche le anime: quelle morte nel peccato e che risuscitano con la grazia di Dio che le riporta all’unione spirituale con la divinità. Dunque oggi ogni cristiano può “ricevere” quella mano per la propria, personale, santificazione, ricevendo la Santa Eucarestia.
Questo tocco di Gesù che risuscita il fanciullo è anche un bellissimo simbolo dei sacramenti di penitenza e di Eucarestia. Il Cristo adopera questo prodigio in mezzo ad un popolo insensibile e ingrato: difatti dimenticheranno presto questo miracolo che Gesù ha fatto per l’uomo stesso. Ebbene è per questo che la Chiesa opera nel mondo, nascosta, soffocata dal male, a volte disprezzata, attaccata, nella Verità che insegna, ma essa sarà sempre efficace se l’insegnamento impartito è nell’ordine del Divino e nella somministrazione dei sacramenti – strumenti della grazia.
Dunque oggi Cristo ci afferma ancora una volta “Venite da me”! Poiché il perdono ai peccatori (anche i peggiori), qualsiasi sia stata la loro colpa, se veramente pentiti alenano anche loro alla salvezza, toccati proprio dalla mano del Signore misericordioso vero Dio e vero uomo.



