
Laetáre, Ierúsalem del 14-03-2021. Celebra Don Giorgio Lenzi
Domenica 14-03-2021, presso la Chiesa di San Cristoforo (Via D’Argillano n.21 – 63100 AP), il nostro Coetus Fidelium Beato Marco da Montegallo è stato ospitato dalla Confraternita della Buona Morte del Priore Giancarlo Tosti, per celebrare il rito romano straordinario nella forma cantata, con don Giorgio Lenzi, sacerdote dell’Istituto Buon Pastore e Procuratore Generale per lo stesso con la Santa Sede. Hanno partecipato alla Santa Messa come servizio all’altare il cerimoniere Lodovico Valentini, un giovane chierichetto e il turiferario Giuseppe Baiocchi. Al canto gregoriano il Maestro Giuseppe Spinozzi. Nell’omelia odierna, nella metà del tempo di Quaresima, don Giorgio Lenzi ci illustra la diversità rispetto alle domeniche precedenti. Non è casuale come i paramenti siano di colore rosaceo, poiché apportano una connotazione gioiosa. Fino a Papa Montini, in questo giorno, il Sommo Pontefice, usava benedire una rosa d’oro nella quale si racchiudeva una goccia del sacro crisma, dell’incenso benedetto, derivanti appunto da questi petali preziosi, grazie a questo Olio Santo. Questa rosa veniva poi donata dal Papa, a personaggi illustri della città eterna e di protettori della Santa Chiesa o spesso inviata a qualche santuario molto venerato. Il Santo Padre Benedetto XVI ha offerto in alcune occasioni la rosa d’oro – da lui benedetta -, non nei giorni liturgici previsti, poiché nei tempi recenti si è perso l’uso tradizionale di benedire la rosa in questo modo. Prima della cattività avignonese, la benedizione della rosa, in questa domenica a Roma era un rito molto solenne e caratteristico ed è probabilmente tale celebrazione gioiosa che ha prodotto il colore rosaceo di questo tempo di Quaresima: una pausa nel lungo percorso della rinuncia che parte dal mercoledì delle ceneri e arriva al Triduo Sacro e al Santissimo giorno di Pasqua. Oggi, forse, conserviamo una sola immagine debole di quello che fu il tempo della Roma dei Papi, della domenica Laetare detta “la domenica della Rosa d’oro”. Riti particolari della Cappella Papale li ritroviamo già sotto Leone IX, dove si conferiva grande importanza a quest’oggetto sacramentale ed ancora Innocenzo III, durante una sua omelia, ne riprese i riferimenti nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma (la quale custodisce le reliquie preziose della passione di Nostro Signore Gesù Cristo). Dunque quest’ultima Basilica, insieme a quella di San Giovanni in Laterano, furono per secoli lo scenario dei riti di questo giorno. In epoca medievale il Papa compiva – presso il Palazzo del Laterano – la benedizione di questa rosa preziosa, e creato il sacro corteo (che si svolgeva come una vera e propria cavalcata) si giungeva alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Ebbene nella Chiesa stazionale di questa domenica, il Pontefice pronunciava un’omelia nella quale si enunciavano i caratteri della mistica rosa d’oro: pura, profumata, bella, colorata e subito dopo si celebrava la Santa Messa, alla fine della quale poi si ritornava al Palazzo del Laterano. Così durante entrambi i tragitti il Papa, in arcione, teneva in mano la Sacra Rosa che assumeva tratti mistici e misteriosi anche per il popolo che quindi si rallegrava di vedere questo solenne rito compiuto dal Pontefice romano. Arrivato al Palazzo Apostolico il Papa veniva aiutato a smontare da cavallo da una delle più alte dignità presenti: un Sovrano di altro Stato, dei princeps romani, dei nobili e/o politici. Colui che ritualmente compiva tale gesto simbolico, aveva poi in dono – dallo stesso magnanimo Pontefice – la Sacra Rosa d’oro. Tale regalo era considerato un grande onore e simbolo di fedeltà alla Verità del cristianesimo. Ritornando a tempi ancora più antichi della Santa Chiesa, la gioia espressa nel tempo odierno era rivolta soprattutto ai catecumeni (coloro che si preparavano al battesimo), durante questo tempo di quaresima. Costoro attendevano il lavacro rigenerante delle acque della salvezza e quindi dovevano vivere con grande gioia l’attesa di quel sacramento che li avrebbe poi liberati dal peccato originale e da tutti gli altri peccati commessi in età adulta. Tutti, anche i peccatori, si rallegravano di questa domenica in rosa, certi del perdono, che Gesù Cristo avrebbe concesso, attraverso la gerarchia della Chiesa. L’epistola accenna al dono meraviglioso della rinascita per la quale si diventa e si ritorna ad essere figlioli di Dio. Rinascita con la quale guardavano con trepidazione i battezzandi e i penitenti: coloro che aspettavano di ritornare all’Eucarestia. Interessante il passaggio del sacro Vangelo in cui Gesù raccomanda, ai suoi amici e ai suoi discepoli, di raccogliere i frammenti rimasti di questo pane (ecco perché l’attenzione dei Ministri di Cristo a non disperdere neppure una singola briciola dell’ostia consacrata – ed ecco perché l’importanza del piattino).
Già dunque possiamo intravedere la gioia pasquale del miracolo della risurrezione, grazie alla pausa gioiosa di oggi, che ci ricarica spiritualmente per continuare con rinnovato fervore la penitenza quaresimale. L’orazione della Santa Messa appunto ci afferma come: “O Dio Onnipotente, a noi che portiamo la giusta pena delle nostre azioni, concedi di vivere con il conforto della tua grazia”. La speranza cristiana, il desiderio del cielo e le promesse di Dio ci dicono che rivivremo sostenuti dalla divina grazia, sostenuti dai sacramenti, sostenuti dalla preghiera, sostenuti dai frutti di penitenza, ma anche da quella comunione dei santi che ci unisce tutti, nella Santa Chiesa. Ed è con questa speranza gioiosa di questa domenica di Laetare che ci apprestiamo a preparare il Triduo Pasquale. Ricordiamo sempre l’inizio dell’Introito Laetare Jerusalem: questa gioia della Gerusalemme è la gioia che un giorno vivremo nella beatitudine eterna del cielo.