
Santa Messa cantata in rito romano straordinario del 10-11-2019
Celebra: Don Riccardo Patalano
Domenica 10-11-2019 alle ore 11:15, presso la nuova Chiesa dedicata a San Savino in Uscerno di Montegallo (20 minuti dal centro storico di Ascoli Piceno, strada provinciale 89) si è celebrata la Santa Messa Cantata “Si iniquitátis observáveris” in rito romano straordinario secondo il Messale del 1962 organizzata dal Coetus Fidelium “Beato Marco da Montegallo”. La celebrazione ha visto il Vice Cancelliere di Curia don Riccardo Patalano coadiuvato dal chierichetto Giuseppe Baiocchi e dal cantore Lodovico Valentini; all’organo il Maestro Francesco Angelini. Il Vangelo secondo Matteo, ci presenta in un passaggio i Farisei che traggono in inganno Gesù per cercare di farlo condannare dall’autorità pubblica di Roma. La paura era incentrata dalla classe dei Farisei su un’ipotetica rivolta al Tempio di persone vicine a Gesù. Durante l’interrogazione si rivolgono a Gesù esclamando: «Maestro sappiamo che sei veritiero, insegni la via di Dio secondo la Verità e non hai riguardo per alcuno, perché non guardi alla persona degli uomini. Dacci il tuo parere: è lecito pagare il tributo a Cesare»? In quel momento Roma governava quel tratto della Palestina e vi erano frange non allineate al potere governativo romano. Ad esempio gli Zeloti attentavano spesso alla vita dei romani, contribuendo ad una destabilizzazione dell’ordine pubblico. Dunque chiedere a Gesù se era lecito o meno pagare un tributo a Cesare, avrebbe posto il Signore verso una condanna nei suoi confronti da parte dell’autorità romana, poiché considerato amico dai moti di rivolta, diversamente se avesse osteggiato la classe sacerdotale, si sarebbe avversato questi contro di lui. Posto ad un bivio, rispose in maniera diretta conoscendo – afferma Matteo – la loro malizia: «ipocriti! Perché mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo». Presentato il conio Gesù afferma: «di chi è questa immagine e questa iscrizione»? Di Cesare rispondono gli altri. Ed allora il Signore risponde: «Rendete dunque a Cesare, quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio». Con questa risposta Cristo li neutralizza. Oggi nella nostra epoca contemporanea tutti noi siamo soggetti di diritti e di doveri, poiché viviamo in uno Stato in cui non vige l’anarchia, ma il diritto. Pochi però oggi ricordano che come cristiani abbiamo anche dei doveri, nei confronti di chi è la somma autorità, che è Dio: avente il diritto supremo, ovvero il diritto sul diritto terreno. Noi cristiani siamo chiamati a far garantire tale stato di diritto divino e dobbiamo avversare lo Stato, quando Cesare sconfina nei diritti di Dio. Se lo Stato ci chiede di comportarci in maniera immorale, noi dobbiamo opporci e tramite l’arma della preghiera vincere su di esso. Nella storia della nostra Chiesa ci sono fulgidi esempi di questa opposizione, come il martire – oggi Santo – José Sánchez del Río (1913 -1928). Nato a Sahuayo in Messico da una famiglia solidamente cristiana, emigrò ancora piccolo a Guadalajara, dove ricevette la Prima Comunione e si distinse per la sua devozione mariana. A seguito della promulgazione delle leggi anticlericali da parte del presidente Plutarco Elías Calles (1877 – 1945), si formò l’esercito popolare dei “cristeros”, cui si unirono anche i due fratelli di José, ma a lui, tredicenne, fu impedito. Visitando la tomba dell’avvocato – oggi beato – Anacleto González Flores (1888 – 1927), chiese a Dio di poter morire in difesa della fede come lui. Diventato quindi portabandiera dell’esercito cristero, venne catturato e messo in carcere, poi rinchiuso nel battistero della chiesa di San Giacomo apostolo a Sahuayo, la sua parrocchia. Rifiutò le proposte di liberazione, determinato a dare la sua vita fino in fondo. Torturato quasi a morte, dopo essergli state scuoiate le piante dei piedi ed avergli fatto scavare la sua fossa, i suoi aguzzini chiesero categoricamente che per avere salva la vita dovesse abiurare Cristo e bestemmiarlo, ma ad ogni costrizione il ragazzo esclamava «Viva Cristo RE»! Fu ucciso con un colpo alla tempia dopo aver pronunciato l’ennesima gloria del Signore nel cimitero di Sahuayo il 10 febbraio 1928, a quattordici anni. È stato beatificato il 20 novembre 2005, sotto il pontificato di Benedetto XVI, insieme ad altri dodici martiri messicani, compreso anche il già citato González Flores. È stato quindi canonizzato domenica 16 ottobre 2016 da Papa Francesco I, insieme ad altri sei Beati. I suoi resti mortali sono venerati dal 1996 sotto un altare laterale della chiesa di San Giacomo a Sahuayo. La sua storia deve farci capire come sia importante opporci oggi a questa epoca secolarizzata che chiede unicamente diritti, ma non ha nessun dovere verso Dio. Anche se il telos (dal greco τέλος per “fine”, “scopo” o “obiettivo”) si è rovesciato nel 1789 con la così detta Rivoluzione Francese – madre di tutte le rivoluzioni moderne e contemporanee, la quale perpetrava il genocidio dei cattolici vandeani sotto le parole Liberté, égalité, fraternité che hanno sostituito Dio, Patria, Famiglia -, la preghiera e la fede, il vivere di rettitudine può ripristinare e salvare questa nostra Europa martoriata dalle più sconcertanti mode del cuore umano. In cambio noi cattolici avremo le porte verso il paradiso durante il Giudizio Divino, poiché questo mondo è solamente una realtà di transizione, di passaggio. Come ci ricorda Matteo 16,18: «tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversus eam» (tu sei Pietro, e sopra questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa).